mercoledì 19 novembre 2014

IULIA GRAY

Salve, gente, oggi sono qui con una nuova recensione per l'angolo emergenti. Voglio presentarvi "Iulia Gray", romanzo autopubblicato di Maria Rosaria Fioravante. Classe 1986, campana, laureata in pubblicistica e in filologia moderna, Maria Rosaria è prima di tutto un'appassionata lettrice di Tolkien e Conan Doyle (tra gli altri), le cui influenze si sentono in questo suo primo romanzo.
Scopriamolo insieme.


TRAMA:
Iulia Gray è una bambina infelice e vittima di abusi quando scopre la Musica. E sarà proprio questa la sua salvezza e al tempo stesso la sua condanna: mandata dal proprio padre in una prestigiosa accademia musicale, incontra qui l'uomo che la condurrà alla morte e l'uomo che le darà una nuova vita immortale, trasformandola in una vampira.
La ragazza abbraccerà questa nuova vita solo per poter proteggere la sua bambina neonata, che le hanno strappato: in questo modo potrà farla crescere negli agi, anche se non potrà mai vederla.
Mentre sua figlia cresce serena, Iulia si trova catapultata in un nuovo mondo e un mistero si affaccia all'orizzonte...

RECENSIONE:
Ottimo romanzo d'esordio, questo di Maria Rosaria Fioravante. Una storia originale, graffiante e avvincente, che ben si inquadra nel filone stokeriano dei vampiri (quindi, se siete in cerca di un nuovo Twilight, per favore stare lontano da questo romanzo!).
La storia inizia con Iulia Gray imprigionata in una cella e procede tramite lunghi flashback per svelarci il passato di questa vampira. In questo mantiene costante l'attenzione del lettore, rendendo impossibile abbandonare il romanzo e facendo desiderare immediatamente il seguito (è il primo di una saga, ndr).
Tutto ciò è dovuto anche all'utilizzo da parte della giovane autrice di uno stile duttile, che ben si adatta alle diverse situazioni presenti nel romanzo: divertente e interessante è, ad esempio, l'uso del dialetto napoletano, in una parte della storia.
Ho apprezzato molto il ricorso alle antiche ballate in lingua gaelica, che l'autrice ha usato con grande perizia, inserendo testo e traduzione a fianco.
I personaggi sono ben caratterizzati, affascinanti e soprattutto molto "umani". Sembra un controsenso (dal momento che si tratta di vampiri), ma in realtà non lo è: non sono infallibili, non sono invulnerabili, non sono perfetti. Sbagliano e possono essere uccisi, come tutti noi.
Sostanzialmente è una storia molto fruibile. In che senso? Nel senso che il merito dell'autrice è di aver creato una storia che va oltre l'etichetta di "storia di vampiri". I vampiri sono protagonisti e, al tempo stesso, sfondo della vicenda, cosa che rende gradevole la lettura anche a chi - come me - non è amante di questo tipo di storie.
Il romanzo di Maria Rosaria Fioravante si potrebbe definire più un thriller con sfondo gotico che un urban fantasy. Iulia e Matthew Trent (altro importante personaggio del romanzo) sono anche detective. Siete pronti per risolvere il loro caso?
Per il momento è tutto.

Biancaneve

domenica 16 novembre 2014

UN VERO MASTERPIECE

Salve lettori, rieccomi con l'abituale recensione domenicale. Oggi ho scelto di leggere e criticare per voi La distanza da Helsinki, romanzo d'esordio di Raffaella Silvestri. Se il nome non vi risulta estraneo è perché l'avete udito spesso in tv: la Silvestri ha infatti partecipato al discusso primo talent show per scrittori, Masterpiece, classificandosi seconda.
Non vi nascondo che, avendo seguito il programma (come voi saprete), ho tifato per lei. Sono stata affascinata fin dal primo momento dalla determinazione di questa ragazza poco più grande di me, dalla sua intelligenza e dalla sua sicurezza. Così mi sono ritrovata a pensare che se Masterpiece non era del tutto un bluff (come si riteneva negli ambienti letterali più colti), la Silvestri era sicuramente da tenere d'occhio.
Quando si è classificata seconda, mi è dispiaciuto molto, anche perché temevo che non avrei potuto leggere il suo romanzo, la cui trama mi aveva già incuriosito in trasmissione. Tuttavia, la Bompiani ha deciso di pubblicare anche il suo libro. E per fortuna!


TRAMA:
Viola è una sedicenne milanese che si sente sempre fuori posto. Kimi è un sedicenne finlandese autistico che non riesce a comunicare se non tramite i tasti del suo pianoforte. Si conoscono a Londra, a un corso d'inglese estivo e diventano amici e, forse, qualche cosa di più, un qualcosa che però non riesce a sbocciare.
Un mese. Questo è tutto il tempo che i ragazzi hanno prima di tornare alle loro vite di sempre, prima di continuare a vivere l'uno senza l'altra. Un mese intenso, divertente, a tratti arrabbiato.
E dopo i due cercano di tenersi in contatto, ma Kimi non risponde alle email, perché ha un rapporto difficile con le parole. E così il mese diventa un giorno. Un giorno all'anno, in cui i due amici cercheranno di sentirsi, di vedersi, di toccarsi, di annullare la distanza che li separa, la distanza da Helsinki, dove il ragazzo vive.

RECENSIONE:
La distanza da Helsinki è uno di quei romanzi che non si vorrebbe finire di leggere. Non perché sia noioso e lo si voglia abbandonare, ma perché non si desidera altro che continuare a leggerlo, all'infinito. Si desidera vivere in quelle pagine per non lasciare sola Viola, per abbracciare Kimi almeno una volta...
E' un romanzo intenso. La storia è forte, ma tutt'altro che pallosa. E' coinvolgente, prende per mano il lettore e lo trascina a Londra, poi a Milano, poi a Helsinki, poi di nuovo a Londra... Permette una conoscenza approfondita dei personaggi, intima quasi.
La storia è narrata dai diversi punti di vista dei due protagonisti: questo, però, senza usare la prima persona e neanche la tecnica - ormai inflazionata - di scrivere due diverse versioni dello stesso avvenimento da parte dei due personaggi.
Lo stile di Raffaella Silvestri è molto interessante. E' uno stile duttile, a tratti colto, a tratti semplificato. Buona l'idea di utilizzare mezze frasi in inglese, per rendere meglio alcuni concetti (scelta peraltro giustificata dal fatto che quasi metà della storia si svolge a Londra).
Nota di merito: aver reso l'autismo di Kimi in modo autentico. L'autrice non ha calcato la mano su questo particolare, non ha inserito isterismi inutili, non ha reso Kimi patetico o da compatire. E questa è stata la cosa che più mi è piaciuta di questo romanzo.
Potrei parlarvi per ore di questo libro, ma mi fermo qui. Sapete perché? Ve lo dirò: è quel tipo di romanzo che non si può descrivere, si deve leggere e basta. Ed è questo il mio consiglio: leggetelo, perché vi farà ridere, piangere, sperare, sognare, arrabbiare...
Leggete questo libro. E' il miglior romanzo che mi sia capitato fra le mani negli ultimi mesi. E per dire così, vuol dire che è realmente un 'masterpiece'.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

domenica 2 novembre 2014

IL RITORNO DI J.K. ROWLING

Buon giorno e buona domenica a tutti! Eccomi tornata per la mia prima recensione dopo la laurea e ho deciso di inaugurare il mio nuovo percorso di vita leggendo Il baco da seta della mia adorata J.K. Rowling.
Devo ammettere che ho letto questo libro con timore. Il precedente, Il richiamo del cuculo, se ricordate, non mi aveva colpita particolarmente. Pur ritenendolo un buon giallo, scritto naturalmente molto bene e con una profonda caratterizzazione dei personaggi, l'ho trovato un po' noioso e di stampo troppo 'classico', cosa che mi permesso di scoprire il colpevole già dalle prime pagine.
E questo nuovo romanzo? Scopriamolo insieme.


TRAMA:
Owen Quine, scrittore mediocre e poco noto, scompare senza lasciare traccia, portando con sé il suo ultimo manoscritto, manoscritto in cui vengono resi noti scandali del mondo editoriale che lo circonda.
All'inizio nessuno fa caso alla sua scomparsa, in quanto è noto che lo scrittore sparisca abitualmente per qualche giorno, per cercare di finire sui giornali.
Quindi, quando la moglie dell'uomo si presenta da Cormoran Strike per chiedergli di trovare suo marito, il compito affidato al detective sembra semplice e privo di rischi. Ma le cose non stanno esattamente così, perché qui nulla è quello che sembra...

RECENSIONE:
Questo è un libro degno di Agatha Christie! Ed è il più bel complimento che io possa fare a un autore di gialli. Agatha Christie è, per me, la regina indiscussa del genere e finora non ho trovato nessuno che possa competere con lei (eccetto Arthur Conan Doyle, che tuttavia ha scritto un diverso tipo di gialli). Che quel qualcuno sia (finalmente) arrivato?
Questo romanzo è nettamente superiore al precedente. La tensione si respira fin dalla prima pagina e tiene il lettore letteralmente avvinto al romanzo fin proprio alla fine. Non svela nulla questa volta - nonostante gli indizi siano disseminati nel corso della storia - e riesce a creare un clima di attesa e di sospetto che non era molto evidente ne Il richiamo del cuculo.
Ottima è l'interazione tra il caso e le vicende private dei due protagonisti, il detective privato, eroe di guerra, Cormoran Strike, e la sua segretaria/assistente, Robin. Le vicende si intrecciano, così come avviene nella realtà e ciò testimonia - ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno - che la Rowling è una scrittrice a 360° e non solo la 'mamma' di Harry Potter.
I personaggi sono molto approfonditi e scopriamo qui molte novità sia sulla famiglia di Cormoran che su quella di Robin. Lo stile è inconfondibile, anche se qui la nostra zia Row si è divertita a usare stili diversi (quando scrive stralci dei libri dell'autore scomparso). Ha inoltre mostrato un gusto per il macabro che onestamente non mi sarei mai aspettata da lei e che dimostra quanto sia cresciuta come autrice rispetto a quando ha pubblicato Harry Potter quasi vent'anni fa.
Insomma, se non lo avete ancora letto, fatelo. Cosa state aspettando?
Per il momento è tutto.

Biancaneve

domenica 19 ottobre 2014

I LOVE SHOPPING A HOLLYWOOD

Salve, lettori, eccomi tornata per l'abituale critica domenicale. Come vi ho accennato sulla pagina facebook, oggi ho deciso di recensire per voi I love shopping a Hollywood, l'ultimo romanzo di Sophie Kinsella, appartenete alla celeberrima saga di I love shopping.


TRAMA:
Rebecca Bloomwood è tornata. L'avevamo lasciata in procinto di trasferirsi a Los Angeles per il nuovo lavoro di Luke Brandon, suo marito, che deve rappresentare niente meno che Sage Seymour, l'attrice del momento. Becky è in crisi perché non riesce a trovare lavoro e così decide di reinventarsi come stylist delle star.
A tutto questo, aggiungiamoci Elinor (la madre di Luke) che vorrebbe riappacificarsi con il figlio, Tarquin che si affilia a una setta, il padre di Becky in crisi di mezza età e il ritorno di Alicia-la-stronza-dalle-gambe-lunghe.
Riuscirà la nostra Becky a sopravvivere a tutto questo?

RECENSIONE:
Frizzante ed esilarante come sempre, Sophie Kinsella ci regala un altro piccolo capolavoro di buonumore. La storia è meglio congegnata di altre dello stesso ciclo e mette a nudo, senza mezzi termini, le bugie e le falsità in cui sguazza il mondo hollywoodiano che tanto ci fa sognare. Qui niente è come sembra e si recita anche nella vita reale.
I personaggi sono ottimamente costruiti e approfonditi. Anche se la stessa Rebecca può sembrare superficiale e interessata solo allo shopping, tutti i fan del ciclo sanno che in realtà è una ragazza profondamente buona, leale e con la testa fra le nuvole. Non ci sono cambiamenti notevoli nei personaggi "storici" della saga. L'umanizzazione di Elinor era già stata attuata nel romanzo precedente, Alicia è molto ambigua, ma io, come Becky, dubito sia davvero cambiata, Luke è sempre un marito (quasi) perfetto, Minnie è semplicemente un amore.
I nuovi personaggi sono forse più complessi, perché presentano (nella maggior parte dei casi) una personalità non molto chiara, in quanto non si capisce molto bene quando recitano una parte e quando sono davvero loro stessi.
Questo romanzo è un po' di transizione. A differenza degli altri, la cui conclusione della vicenda è ben delineata, questo sembra la prima parte di un romanzo (e alla fine la stessa autrice ci informa che a breve uscirà il seguito).
Quindi, restiamo in attesa della conclusione della storia.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

venerdì 17 ottobre 2014

INTERVISTA AD ANTONELLA SENESE

Buongiorno, lettori, come promesso ecco l'intervista ad Antonella Senese, giovane scrittrice, direttore editoriale ed editor. Classe '81, nel 2011 ha fondato la casa editrice Libro Aperto International Publishing, con sede a Dublino, dove attualmente risiede.
Conosciamola meglio insieme.



BIANCANEVE (B): Buongiorno Antonella, benvenuta nel mio blog e grazie per aver accettato la mia intervista. Nel 2011 hai fondato la casa editrice indipendente Libro Aperto International Publishing. Una scelta coraggiosa, visto il difficile momento dell’editoria in Italia. Ci racconti di questa esperienza?
ANTONELLA SENESE (AS): Buongiorno Olimpia, grazie a te per lo spazio concesso. Nel 2011 è nata la Libro Aperto da unidea che si faceva largo nella mia mente da un po di anni. Mi sono avvicinata all'editoria piano, in punta di piedi. Scrivevo e lo faccio tuttora, ma non mi bastava, volevo fare di più, volevo far parte di questo mondo perché i libri sono sempre stata la mia più grande passione. I libri hanno cambiato la mia vita e lo fanno ogni giorno. I libri ti permettono di sognare, di riflettere, di viaggiare, di ridere e di emozionarti, di sentirti triste e di essere felice. Cosa c’è di meglio? Conoscevo la situazione del mercato editoriale italiano ma non mi spaventava: avevo il mio progetto e le mie idee e non mi sono preoccupata del resto, del momento difficile, della concorrenza. Penso che ognuno debba guardare al proprio lavoro e ai propri obiettivi, senza curarsi di come le cose intorno si svolgano, altrimenti non faremmo più nulla. Il momento è difficile, ma sinceramente, non ricordo un momento facile o felice per leditoria, almeno non negli ultimi dieci anni, quindi mi sono detta: è questo che voglio fare? La verità è che non c’è nullaltro che vorrei fare nella vita.
B: Il mercato editoriale in Italia è molto selettivo, e le piccole case editrici sono molto osteggiate dalle grandi e dal self publishing. Come riuscite a districarvi?
AS: Il mercato editoriale non è selettivo, anzi, forse in questo momento stiamo affrontando il problema inverso. Si dice spesso che ci sono più scrittori che lettori e che tutti ormai scrivono. In parte questo è vero, ma non così drasticamente. Il problema non è labbondanza di scrittori, il problema è che tutti pubblicano. Tutti possono scrivere nella quiete della loro stanza e possono far leggere le proprie opere a parenti e amici, ma non tutti devono per forza di cose pubblicare. Quindi, cosa si fa? Se non c’è un editore che ci seleziona, ci si butta sul self publishing, che dà la possibilità a tutti - e proprio a tutti - di pubblicare qualsiasi cosa. Cosa succede, quindi? Succede che il mercato è saturo e che non vi è più un confine tra il leggibile e il commerciabile. Una casa editrice opera una selezione ed è quello su cui puntiamo: scegliere testi validi e originali, che possano coprire un pubblico eterogeneo. Avere un catalogo vario, avere autori talentuosi e prezzi accessibili, su queste cose puntiamo e cerchiamo di affermarci nel campo editoriale, nonostante tutto.
B: Tu sei direttore editoriale, editor, scrittrice, traduttrice, moglie e mamma. Come riesci a fare tutto?
AS: Detta così potrei sembrare una donna di ferro e instancabile, ma la verità è che sono iperattiva e non riesco a fermarmi. Ho sempre idee da portare avanti e progetti su cui lavorare, è più forte di me. Il mio segreto è lorganizzazione, insieme a una dose di caffeina giornaliera non tollerabile per altri esseri umani e uninsonnia cronica che mi permette di lavorare fino a tarda notte. Mi piace tutto quello che faccio e lentusiasmo mi aiuta ad andare avanti: non rinuncerei a nessun aspetto della mia vita, quindi mi faccio forza, cercando di fare il maggior numero di cose possibile in una giornata.
B: Che cosa comporta il mestiere di direttore editoriale? E che differenza c’è tra direttore editoriale ed editor?
AS: Il direttore editoriale è colui che organizza tutto il lavoro in casa editrice: prende le decisioni importanti, cura le collane editoriali, programma le uscite, coordina il lavoro di promozione e di ufficio stampa. Almeno questo è quello che faccio, oltre a effettuare editing sui testi, valutazioni finali degli inediti pervenuti, occuparmi del rapporto con gli autori e con i rivenditori. Leditor è colui che effettua il lavoro di editing su un testo, dalla prima correzione agli interventi di stile e contenuto, mantenendosi sempre in contatto con lautore con il quale studia il modo migliore per rendere un testo leggibile, commerciabile e soprattutto, interessante e coinvolgente.
B: Come selezionate i vostri autori? L’Italia è piena di aspiranti scrittori, in base a cosa scegliete un romanzo invece di un altro?
AS: Abbiamo delle idee ben precise sulla nostra linea editoriale: sappiamo cosa vogliamo. Valutiamo i testi in base al genere, all'originalità della storia e anche in base alla forma, perché è vero che c’è sempre il lavoro di correzione ed editing da fare al quale non ci sottraiamo, ma è anche vero che se uno scrittore vuole davvero seguire questa strada, deve saper almeno scrivere in modo grammaticalmente corretto. Ci avvaliamo dellaiuto di un comitato di lettura composto da lettori di ogni genere al quale proponiamo i nostri testi dopo una prima scrematura. In seguito alla loro valutazione, riesaminiamo le opere e scegliamo quelle che hanno ottenuto il maggior numero di consensi, dal comitato, dai miei collaboratori e infine da me, che ho lultima parola. Riceviamo centinaia di inediti al mese e non sono affatto pochi, ma li leggiamo tutti, sempre.
B: Le parole che restano è il tuo primo romanzo. Ora lo avete tradotto in inglese, con il titolo di Empty Words (dal momento che ricordiamolo vi state espandendo anche allestero). Ci vuoi parlare di questa storia?
AS: Le parole che restano non è il mio primo romanzo, ma il primo pubblicato con la Libro Aperto. Una storia che ho scritto molti anni fa, in un momento in cui scrivere quel libro mi sembrava lunica cosa che potessi fare. La storia parla di una ragazza che fugge da una realtà dolorosa in cui si sente in gabbia, da un passato che non le permette di andare avanti e di lasciare dietro di sé tutto ciò che   la fa soffrire. La protagonista soffre di ansia e attacchi di panico e non riesce a interagire con il mondo come una semplice ragazza della sua età. Si trasferisce in Irlanda, dove finalmente, lontana da tutto, riesce a piccoli passi a respirare e a costruire le basi di una nuova vita, ma il passato torna sempre, e lei dovrà fare i conti con tutto quello che si porta dietro, prima di poter davvero essere libera. Una storia sofferta, di accettazione, consapevolezza e rinascita interiore. Un libro a cui sono molto affezionata e a cui devo tutto.
B: Il 30 settembre è uscito il tuo ultimo lavoro, Tre minuti di me. Parlaci di questo romanzo.
AS: E' una storia a cui ho lavorato molto e con una totale dedizione e a cui tengo con tutta me stessa. Tre minuti di me è una storia complicata, in cui la vera protagonista è la musica. Io non sono una musicista, ma dai musicisti sono circondata, e mi hanno aiutato con i dettagli tecnici. Avevo in mente questi personaggi, Amie e Adam, e pian piano la loro psicologia si è ben delineata. Da lì si sono formate anche le loro storie, storie molto forti e sentite.
B: Continuerai a pubblicare romanzi o ti dedicherai esclusivamente all'editing?
AS: Ho scritto molto in questi anni, ritagliandomi piccoli spazi di tempo per poter portare a termine le storie che prendevano forma nella mia mente, ma non ho più pubblicato, perché mi sono dedicata completamente al lavoro e ai miei autori. Mi sento più a mio agio nei panni di Editore che di Autore, preferisco restare nelle retrovie piuttosto che in prima linea, ma adesso sento che è arrivato il momento e ho pubblicato il nuovo romanzo, una delle novità autunnali della Libro Aperto, che è il primo volume di una trilogia. 
B: Puoi anticiparci qualcosa circa le prossime uscite della Libro Aperto, sia in Italia che all'estero?
AS: Questautunno avremo ben cinque nuove pubblicazioni a cui abbiamo lavorato tutta lestate. Saranno libri completamente diversi tra loro per genere e tematica, che potranno soddisfare ogni tipo di lettore. Abbiamo fatto un grande lavoro di scrematura perché negli ultimi mesi siamo stati davvero invasi dagli inediti, ma siamo soddisfatti delle nostre scelte. Per quanto riguarda il panorama inglese, invece, stiamo traducendo due dei nostri titoli che andranno ad affiancarsi a Empty Words a breve. Inoltre, siamo alla ricerca di autori inglesi da tradurre e da portare nel mercato italiano.
Insomma tanti progetti, tante idee e tanta voglia di lavorare, di dare spazio agli autori e di continuare per la nostra strada, guardando sempre e solo avanti.
Grazie mille per questopportunità, Olimpia. Un saluto a te e ai tuoi sostenitori!
Buona lettura a tutti!

mercoledì 15 ottobre 2014

TRE MINUTI DI ME

Salve, lettori, oggi vorrei presentarvi il romanzo di una scrittrice emergente, Antonella Senese. Il libro si intitola Tre minuti di me, appartiene al genere Young Adult, ed è edito dalla Libro Aperto International Publishing, la casa editrice che questo mio blog ha "adottato". Inoltre, bisogna dire che si tratta del primo volume di una saga che comprende tre libri (gli altri due usciranno prossimamente, ndr).
Vediamo assieme di che si tratta.


TRAMA:
Amie è una giovane pianista con un brillante futuro davanti, ma dopo l'incidente in cui sono morti i suoi genitori ha perso la voglia di suonare.
Adam è un chitarrista che, dopo la morte del fratello, ha voltato le spalle alla sua ricca famiglia per poter decidere da solo del suo futuro.
Amie e Adam sono due ragazzi soli, pieni di dolore, che arrancano per trovare il loro posto nel mondo. Per conoscersi e innamorarsi bastano tre minuti, il tempo di una canzone.
Ma possono, queste due anime devastate, essere un sostegno l'uno per l'altra? O il loro amore li porterà all'autodistruzione?

RECENSIONE:
E' un romanzo molto delicato, questo di Antonella Senese. Un romanzo al tempo stesso forte e fragile, così come forti e fragili sono i suoi protagonisti, Amie e Adam. Un romanzo che scalda il cuore e che non permette di abbandonarlo, neanche volendolo, perché crea dipendenza (io stessa non vedo l'ora che escano i seguiti!).
Antonella Senese con questo romanzo ha dimostrato di essere una vera scrittrice, capace non solo di far emozionare il lettore con la sua storia, ma anche di farlo immedesimare completamente nei personaggi. Il dolore di Amie e di Adam diventa il vostro dolore, la loro storia diventa la vostra storia, le loro lacrime le vostre lacrime, la loro musica la vostra musica.
Ed è la musica la vera protagonista di questo romanzo. Una musica alla portata di tutti, la musica pop-rock che la maggior parte della gente ascolta ogni giorno se non per vivere quanto meno come colonna sonora della propria vita. La particolarità è che molte di queste canzoni sono state composte da un gruppo, i Crew Control, appositamente per questa storia, cosa che la rende ancora più unica e originale.
Credo sia superfluo parlare della padronanza di linguaggio e delle competenze grammaticali dell'autrice, che è anche un editor (e si vede!). Vi dico soltanto che il linguaggio è fluido e che accompagna il lettore per tutta la durata del romanzo, facendolo letteralmente perdere nel romanzo, facendolo entrare nel vivo della storia.
Buona anche l'idea di raccontare la storia in prima persona, sì, ma usando i punti di vista di entrambi i protagonisti, permettendo così di conoscere i pensieri di entrambi. In questo modo ci verrà risparmiato quello che odio di più negli Young Adult: sfruttare la storia (perché ha avuto un certo seguito), raccontandola nuovamente in un ulteriore romanzo da un punto di vista differente. Molto meglio fare così!
Insomma, Tre minuti di me è un romanzo da leggere. Quindi, cosa state aspettando? Correte a comprarlo!
Per il momento è tutto.

Biancaneve

Ps: se volete ascoltare alcune canzoni composte dai Crew Control per questo romanzo, ecco qui i link: 
Thirsthttps://soundcloud.com/crewcontrol/thirst
Crashhttps://soundcloud.com/crewcontrol/crash

domenica 12 ottobre 2014

LASCIATE IN PACE JANE AUSTEN!

Salve, cari lettori, sono (finalmente!) tornata. Devo innanzitutto scusarmi con voi per questa prolungata assenza, ma l'università mi ha letteralmente tenuta in ostaggio. Ora ho finalmente finito (devo solo discutere la tesi in seduta di laurea, non so ancora bene il giorno) e posso quindi promettervi che non ci saranno più lunghe attese per le mie recensioni, interviste e curiosità sul mondo della letteratura. E proprio con la recensione domenicale vorrei ricominciare. Ho scelto per voi il romanzo Il diario perduto di Jane Austen di Syrie James.
Premetto che sono di parte. Amo zia Jane - come la chiamano le Janiters - e non sopporto quando viene sfruttata così dagli scrittori o dai registi solo per vendere. Tuttavia, ogni tanto producono qualcosa di buono, come il film Becoming Jane e la miniserie della BBC Lost in Austen.
E questo libro? Scopriamolo insieme.



TRAMA:
Jane Austen è famosa perché ha scritto romanzi d'amore indimenticabili. Tuttavia, i suoi lettori - oggi come allora - si chiedono come sia possibile che a scrivere d'amore sia una donna nubile, che l'amore non l'ha mai provato. E così Syrie James immagina di trovare un vecchio diario della scrittrice in cui racconta la sua, di storia d'amore, una storia d'amore tanto intensa e impossibile da farle desiderare di scrivere storie che abbiano il lieto fine che lei non ha potuto avere.

RECENSIONE:
Bocciato. Non c'è un'altra parola con cui posso esprimere il mio giudizio su questo romanzo. Non c'è altro modo per esprimere la mia delusione. Non avevo grandi aspettative riguardo a questo romanzo, come ho detto non mi piace quando usano un autore famoso o un personaggio creato da qualcun altro per scrivere un'altra storia. In altre parole non mi piacciono gli apocrifi. Posso capire quando lo si fa a scopo ricreativo o come esercizio letterario - si vedano le fanfiction - ma quando è fatto a scopo di lucro mi viene l'orticaria.
Avrei potuto tollerarlo se fosse stata una gradevole lettura. Ma, per favore, ditemi voi come si fa a sopportare un romanzo scritto in prima persona - è Jane Austen che parla attraverso il suo "diario" - cercando di imitare lo stile di questa scrittrice. Come si fa? Perché davvero non ci riesco! Lo stile di un autore è unico e non si può imitare. Ci si può ispirare, ma non si può copiare. Specie quando si tratta di uno stile che vede un modo di scrivere ormai desueto. Diventa una forzatura e uno strazio per chi legge.
E poi, la storia! Una pseudo storia "strappalacrime", che vede - per l'ennesima volta - Jane Austen innamorarsi di un uomo, esserne ricambiata, ma non poterlo sposare. Ora, io capisco che sarebbe bello se zia Jane avesse avuto qualcuno e io sono sicura che lei si sia innamorata almeno una volta nella sua vita - del resto, basta leggere l'Epistolario per rendersene conto - e capisco anche che si possa ricamarci sopra, ma almeno siate un po' originali, anche per rispetto a questa grande scrittrice! Io credo che la Austen si sia rivoltata nella tomba non perché le abbiano appioppato una storia d'amore, ma perché non poteva credere che fosse così banale.
Ora, ammetto che Syrie James conosca molto bene l'opera della Austen, ma questo non basta a fare di questo romanzo un buon libro. Anche i personaggi sono piatti, figurandosi come una brutta copia di Darcy ed Elizabeth, di Mr. Knightley e di Emma, e di tutti gli altri personaggi austeniani.
Insomma, non c'è nulla di buono in questo romanzo. L'unico motivo per cui vende è che ha sfruttato il nome di zia Jane. Vi sembra giusto? A me no.
Quindi, lasciate in pace Jane Austen e scrivete qualcosa di vostro.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

domenica 17 agosto 2014

VI PREGO, LASCIATEMI ODIARE...IL LIBRO! OPPURE NO?

Salve gente, sono tornata per il consueto appuntamento settimanale con la critica. Oggi intendo recensire uno dei casi editoriali degli ultimi anni, Ti prego lasciati odiare di Anna Premoli, edito dalla Newton Compton Editori. Il libro, una chick lit ambientata in Inghilterra, è stato pubblicato nel 2013 e ha vinto il Premio Bancarella.
Mi è capitato recentemente tra le mani e - ovviamente - l'ho letto d'un fiato. Devo ammettere che capisco perché ha avuto tutto questo successo. Ma è davvero un buon libro?


TRAMA:
Jennifer Percy è un ottimo avvocato fiscalista. Ha solo una pecca nel suo curriculum e la pecca è lui, Ian St. John, conte di Langley, suo collega, due anni più giovane di lei. L'ostilità tra i due è istantanea: infatti entrambi sono consapevoli di aver trovato nell'altro un rivale in quanto a competenza e professionalità. Inoltre hanno metodi lavorativi agli antipodi tra loro.
Dopo aver collaborato per qualche tempo, i loro contrasti e le loro liti sono diventati tanto leggendari quanto insostenibili. Così i loro capi hanno fatto in modo che non seguissero più gli stessi clienti.
Ma Lord Charles Beverly non è dello stesso parere. Pomposo pallone gonfiato, richiede la consulenza di entrambi gli avvocati, in quanto è noto che nell'ambiente siano loro i migliori.
Così Ian e Jenny sono costretti a frequentarsi. Riusciranno a trovare un punto d'incontro?

RECENSIONE:
Se Jennifer ha un'unica pecca nel suo curriculum, questo romanzo ne ha diverse e sono la storia e i protagonisti. Per quanto non piatti - come spesso capita - risultano piuttosto stereotipati, quasi una copia moderna di Elizabeth e Darcy di Orgoglio e Pregiudizio. Infatti Jenny, come Lizzy, è testarda e ironica, mentre Ian, come Darcy, è in apparenza insopportabilmente arrogante, ma nasconde un animo gentile e romantico.
Anche la storia ricorda un po' il romanzo di Jane Austen, con naturalmente tutte le varianti dovute al cambiamento di epoca.
Più interessanti sono gli altri personaggi, ben caratterizzati, anche quelli puramente funzionali alla storia. I loro caratteri e il loro aspetto sono tratteggiati in maniera sapiente, in modo che quasi ci si possa aspettare che "escano" dal libro per farci compagnia.
Interessante, poi, è il modo in cui questa storia è scritta. Lo stile è fluido, accattivante e preciso. Insomma, Anna Premoli sa scrivere e su questo nessuno può avere dubbi.
L'unica mia perplessità riguarda la storia appunto, un po' troppo scontata in alcuni punti. E' pur vero che si tratta di una chick lit (e si sa, le chick lit trattano storie abbastanza banali, perché puntano più sui personaggi e sull'ironia che sulla trama), tuttavia mi sarei aspettata un po' di più, vista la bravura dell'autrice.
Ci troviamo così, invece, di fronte alla solita storia, in cui loro due non si sopportano ma in realtà sono sempre stati attratti l'uno dall'altra, in cui le continue discussioni nascondono l'attrazione, in cui lui è ricchissimo (oltre a essere un nobile) e lei una mezza hippy (o meglio, lo sono i genitori).
E' un libro da odiare, quindi, per ricalcare il titolo? Sicuramente no. E' un libro da ombrellone, da leggere in spiaggia in un paio d'ore. Vi farà sicuramente sognare - se, come me, siete delle romantiche, cresciute a pane e Jane Austen - ma difficilmente vi rimarrà qualcosa di questo romanzo dopo. Si legge facilmente, ma si dimentica altrettanto velocemente.
Spero che gli altri libri di questa autrice siano migliori e facciano risaltare il suo talento.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

lunedì 11 agosto 2014

INTERVISTA A GIANNI ANTONIO PALUMBO

Salve, lettori, come promesso, ecco l'intervista a Gianni Antonio Palumbo, eclettico autore de Il segreto di Chelidonia. Conosciamolo meglio insieme.




BIANCANEVE (B): Ciao Gianni, grazie per avermi concesso quest’intervista e benvenuto nel mio blog. Tu hai esordito giovanissimo, ma sei stato risucchiato in un’editoria a pagamento e poi minore che ti ha, in qualche modo, tarpato le ali. Ci vuoi raccontare la tua esperienza?
GIANNI ANTONIO PALUMBO (GAP): Ho esordito a 19 anni con il romanzo I fantasmi di un poeta, edito con la Meridiana. Poi ho pubblicato altri due romanzi con Palomar, una silloge di poesie con Schena e ora questa raccolta di novelle con la Secop (oltre a numerose partecipazioni ad antologie). Non rinnego nulla; oggi, alla luce della maggiore esperienza, forse compirei scelte diverse, ma sono soddisfatto dei riconoscimenti ottenuti, anche se non mi hanno garantito la fama. Con il romanzo Krankreich. Tramonto di un sogno (Palomar), ho conseguito il premio "Valle dei Trulli" per la "Letteratura giovanile" (noto anche come "Valle d'Itria giovani") e la mia produzione è recensita nella letteratura di Catalano, in Les barisiens di Pegorari e sulla rivista "La Vallisa" (dal prof. de Santis). Per Il segreto di Chelidonia (Secop), ho volutamente scelto di non avvalermi dell'editoria a pagamento e non me ne sono pentito. Spesso, anche se non tutti i casi sono identici, chi pubblica esigendo l'acquisto di un certo numero di copie, non s'impegna nella promozione delle opere. Un momento importante è stato il mio avvicinamento al gruppo della "Vallisa", che mi ha indotto ad aprirmi a nuovi percorsi di scrittura.
B: La tua produzione è vastissima ed eterogenea. Passi dal teatro, al racconto, al romanzo, alla poesia. E ti cimenti in vari generi letterari, senza fossilizzarti su uno in particolare. Come mai questa scelta coraggiosa?
GAP: Più che di una scelta, si tratta della tendenza a sperimentare le forme espressive che, a seconda dei momenti del mio percorso, mi sembrano più adeguate. Sicuramente il teatro e la narrativa sono i generi che ritengo più nelle mie corde. La scrittura poetica è legata, invece, a periodi particolari e, per usare un'espressione logora, nasce sotto Saturno.
B: Anche il tuo stile è particolare. I riferimenti letterari, il linguaggio colto… In un mondo letterario – quello italiano – dominato da autori come Fabio Volo e Federico Moccia, commerciali e privi di talento, cosa ti spinge a scrivere in questo modo?
GAP: La scrittura è soprattutto pienezza del linguaggio. Per questo, la mia è una ricerca, direi piuttosto metodica, sulla parola. Mi piace avvalermi della pratica che Petrarca definiva "mellificazione". Recupero la tradizione, per farne qualcosa di diverso. Di mio... Questo sfugge alle leggi di mercato, ma francamente non so rinunciare al mio modo di scrivere.
B: Passiamo a Il segreto di Chelidoniae altre novelle. Mi ha colpito nel titolo la parola novelle, termine ormai desueto. Infatti, oggi utilizziamo questo termine solo per definire la produzione di certi autori, come ad esempio Pirandello. È un genere, quello della novella, che possiamo definire ormai scomparso, sostituito dal racconto. Perché tu invece hai voluto riesumarlo?
GAP: È proprio la volontà di recuperare una "forma" consacrata dalla tradizione e ormai non più di moda, per cercare di cogliere cosa ancora possa dirci e se possa "funzionare". Del resto, a dispetto del titolo, non tutti i testi di Chelidonia sono classificabili come novelle. Proprio il racconto eponimo è, direi, un romanzo breve.
B: Il segreto di Chelidonia, il racconto eponimo, è un misto tra un giallo e un fantasy dal sapore medievale. Com’è nata questa novella? Cosa significa per te?
GAP: È un testo che ha conosciuto una  gestazione di anni. È legato alle mie ricerche sull'Umanesimo-Rinascimento. Mi sono occupato della Villa di della Porta, mago-scienziato di Vico Equense, e ne ho lambito la Magia naturale. La notizia dell'esistenza di un uccello dai poteri terapeutici, il caradrio, mi ha portato a pormi una domanda: "Cosa accadrebbe, se nel 2011 (ho ricostruito gli eventi di quei giorni attraverso la rete, persino con riferimenti alla programmazione televisiva delle date in questione), un docente precario, forse un po' folle, e altri uomini in preda alla disperazione si mettessero alla ricerca del caradrio"? Così nasce Il segreto di Chelidonia.
B: Michelangelo Poli è un professore disoccupato che ha pressappoco la tua età. Quanto di te c’è in questo personaggio?
GAP: Come ogni personaggio che si rispetti reca in sé tratti del vissuto del suo autore ed è, allo stesso tempo, altro. Michelangelo si occupa delle mie stesse ricerche, ha i miei gusti, vive nella mia città, sperimenta il "pendolarismo" tra scuola e Università (per fortuna, almeno nella scuola, dovrei aver superato la fase del precariato), ama rapportarsi ad adolescenti scombinati. Eppure è altro da me. Per esempio, ha un naso alla Adrien Brody ed è un uomo piuttosto infedele.
B: Tra le altre novelle, mi ha colpito in particolare Hotel Perseo. A metà tra racconto mitologico e horror, ha quel senso del macabro che mi ricorda Poe. Cosa puoi dirmi in proposito?
GAP: Hotel Perseo è un testo strano, difficilmente definibile. Racchiude alcune delle mie passioni: Firenze (insieme a Ferrara la mia città ideale), i madrigali di Michelangelo, l'arte di Caravaggio, l'horror... Io adoro Poe e forse qualcosa di questa mia passione si riflette in questo scritto.
B: E le altre novelle? Non ti chiedo di raccontarmi di ognuna, perché ci vorrebbe troppo tempo, temo. Vuoi raccontarmi qualcosa di qualcuna in particolare?
GAP: Beh, L'ospite dell'alba, pur nella sua brevità, mi è costata mesi di ricerche, per l'ambientazione di questa storia onirica nell'antica Roma. Alcesti 2013, invece, ci catapulta nella mia Molfetta, tra anziane zie un po' avvelenatrici alla Kesselring (o alla Christie) e giovanotti annoiati dai nomi pomposi. Sono molto legato a Mena, la storia di una giovane pazza che si rintana in una biblioteca e lì vede appassire il suo sogno d'amore, e alla Sposa del tiglio, una meditazione sulla memoria negata dall'Alzheimer... Nella Pleiade storna, poi, una fiaba moderna, si riflette il mio amore di padre.
B: Che consiglio daresti a un’esordiente?
GAP: Leggere molto, gli autori classici come i contemporanei. Non lasciarsi incantare dalle mode e dalle scritture "seriali", che proliferano anche ad 'alti' livelli. Cercare uno stile proprio, riconoscibile tra mille. Mi piacerebbe dedicargli queste parole di Emily Dickinson (con cui Angela De Leo ha aperto la prefazione al mio libro): "Sii fedele, ragazzo di Atene, / a te stesso e al mistero./ Tutto il resto/ è un falso giuramento".